Il santuario nuragico di Santa Cristina è un'area archeologica situata nel territorio del comune di Paulilatino, in provincia di Oristano, nella Sardegna centro-occidentale e nella parte meridionale dell'altopiano di Abbasanta. La località prende il nome dalla chiesa campestre di Santa Cristina che si trova nelle sue vicinanze.
Il sito si compone essenzialmente di due parti: la prima, quella più conosciuta e studiata, costituita dal tempio a pozzo, un pozzo sacrorisalente all'età nuragica, con strutture ad esso annesse: capanna delle riunioni, recinto e altre capanne più piccole. La seconda parte del complesso a circa duecento metri a sud-ovest è costituita da un nuraghe monotorre, da alcune capanne in pietra di forma allungata di incerta datazione ed un villaggio nuragico, ancora da scavare, di cui sono visibili solo alcuni elementi affioranti[1]. Benché di limitato interesse archeologico integra il complesso l'area devozionale cristiana della chiesa e novenario di Santa Cristina inteso come il luogo nel quale si celebra la novena in onore della santa.
Storia
La prima menzione con rilievo grafico del monumento è di Giovanni Spano, padre dell'archeologia sarda, nel 1857.[7] Questi dà del pozzo sacro una descrizione piuttosto confusa, lo attribuisce correttamente alle strutture nuragiche, ma non riesce ad individuare la vera funzione dello stesso, ritenendolo, per similitudine con altri ritrovamenti, un carcere. Nel 1860 il Lamarmora nel suo Itinéraire in collaborazione con lo stesso Spano elogia il monumento e lo paragona «al famoso sotterraneo, detto il Tesoro di Atreo, a Micene, nella Grecia, descritto e figurato da Giacomo Stuart».[8] Dopo che molti altri pozzi vengono scoperti in Sardegna Antonio Taramelli archeologo della prima metà del Novecento ne intuisce finalmente la funzione.[9][10][11] Il suo lavoro viene completato da Raffaele Pettazzoni che nel suo libro sulle credenze degli antichi protosardi[12] descrive il culto delle acque facendo riferimento anche a confronti esterni all'isola.
Nonostante l'importanza del monumento ed il suo ottimo stato di conservazione occorre attendere il 1953 per i primi scavi ed i primi restauri, proseguiti poi con le campagne dell'Atzeni del 1967-73 e 1977-83.[13] Le più recenti campagne di scavo sono state condotte da Bernardini nel 1989-90 e da Arnold Lebeuf[14] tra il 2005 ed il 2010. Sono state programmate altre ricerche concentrate soprattutto nella zona del villaggio nuragico[1] (che però al 2012 non risultano ancora condotte).
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