Mamuthones

                               Origine del nome


Mamuthones e gli Issohadores sono maschere tipiche del carnevale di Mamoiada in Sardegna. Le due figure si distinguono per i vestiti e per il modo di muoversi all'interno della processione: i Mamuthones procedono affaticati e in silenzio mentre gli Issohadores vestono in modo colorato e danno movimento alla processione.
Il nome Mamuthone è un enigma. I pareri sono diversi ed esistono varie ipotesi: c’è chi lo collega semplicemente al nome stesso del paese, in origine una fontana, chi ad altri riferimenti toponomastici, chi risale ad altre civiltà e antichi riti, altri ancora richiamano i nomi degli spaventapasseri, degli idoli bacchici ed esseri spaventevoli della leggenda popolare comuni in tutta la Sardegna.

                                          Storia

L'origine dei mamuthones e issohadores si perde nella notte dei tempi. Ne abbiamo traccia su un riferimento generale da parte dei padri della Chiesa (S. Agostino, sermone 129) sin dai primi secoli dopo Cristo, parlò dei sardi che si mascheravano da animali e compivano riti pagani. Il riferimento più vicino nel tempo è del linguista tedesco Max Leopold Wagner nel suo dizionario (DES - Mamoiada); nel 1928 il Touring Clubdescrive solo il fuoco di Sant'Antonio.[2] Secondo lo stesso studio, comunque, testimonianze orali attestano che i Mamuthones sfilavano già nel XIX secolo. Alcuni sostengono invece che il rito risalga all'età nuragica, come gesto di venerazione per gli animali, per proteggersi dagli spiriti del male o per propiziare il raccolto[3]. Fra le ipotesi avanzate sull'origine della rappresentazione vi è quella un rito totemico di assoggettamento del bue, o anche una processione rituale fatta dai nuragici in onore di qualche nume agricolo e pastorale.[4] Alcuni studiosi sostengono un legame con riti dionisiaci, altri negano questo collegamento, e la includono invece fra i riti che segnano il passaggio delle stagioni[2]. Naturale porsi il problema del rapporto tra tradizione e innovazione. Nella dinamica dei riti la trasformazione è una componente costante nel corso del tempo. Nel caso delle manifestazioni finite specialmente nel Carnevale sarebbe sciocco credere che i riti siano arrivati sino a noi inalterati. È sicuramente avvenuta un'evoluzione dovuta all'opera importante che ha avuto nel processo di rifunzionalizzazione degli elementi a partire dalle normative di papa Gregorio Magno. Non sono da escludere radicali mutamenti persino del significato originario. Che il Carnevale attuale mamoiadino (e quello con maschere simili in genere) sia figlio del cristianesimo pare sia indiscutibile. A Mamoiada intanto la magia del mito, la cerimonia solenne e canonizzata nel tempo si rinnova puntualmente ogni anno e rimane conservata gelosamente e con orgoglio, sia pure relegata tra le manifestazioni del carnevale e a ben osservarla è proprio la solennità dell'esibizione che svela il fatto che di carnevalesco non vi è proprio niente.

                                      Le maschere

La maschera facciale del mamuthone (visera) è nera e di legno, bianca quella dell'issohadore. Viene assicurata al viso mediante cinghiette in cuoio e contornata da un fazzoletto di foggia femminile. Il corpo del mamuthone viene coperto da pelli di pecora nera (mastruca), mentre sulla schiena, con un complesso sistema di ancoraggio è sistemata una serie di campanacci (carriga). Sul davanti, un mazzo di campanelle bronzee più piccolo. L'Issohadore, invece, indossa un copricapo detto berritta, maschera bianca, un corpetto rosso (curittu), camicia e pantaloni bianchi, bottoni in oro, una bandoliera di campanellini in bronzo (sonajolos), lo scialletto, le ghette in orbace (cartzas), scarponi in pelle ('usinzu) e infine la fune (soha). Le maschere vengono prodotte con vari tipi di legno successivamente annerito. Oltre al fico viene impiegato l'ontano e l'olmo; qualcuna è in castagno o in noce, mentre anticamente le si produceva in pero selvatico.

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