Sartiglia

La Sartiglia è una corsa alla stella che si corre l'ultima domenica e martedì di carnevale ad Oristano, dove carnevale e Sartiglia sono praticamente sinonimi. È una delle più antiche manifestazioni equestri che ancora si svolgono in area Mediterranea e una fra le più spettacolari e coreografiche forme di Carnevale in Sardegna. Riecheggia riti di rigenerazione agraria.
Il termine Sartiglia deriva dal castigliano Sortija, a sua volta derivante dal latino sorticula, ossia anello, e trattiene in sé il diminutivo sors, fortuna. Le origini della giostra affondano negli antichi tornei cavallereschi militari, nella corsa all'anello che a Oristano si è tramandata nella variante della stella. Essa consiste nel tentativo dei cavalieri di centrare il bersaglio appeso a un nastro verde, sfidando la sorte.

                          Origine della Giostra


La più antica testimonianza della corsa oristanese si conserva in un registro di consiglieria datato 1547-48, rinvenuto dall’archivista paleografa Ilaria Urgu nell’Archivio Storico del Comune di Oristano. Nel documento si registra il pagamento effettuato dalla Città Regia a favore di Nicolao Pinna per la fornitura di un drappo di tessuto nero utilizzato in occasione di una Sortilla. La corsa venne organizzata in onore dell’Imperatore Carlo V, presumibilmente nel 1546.
Fonti documentarie successive fanno riferimento all’acquisto da parte dell’autorità cittadina di stocchi da utilizzarsi in occasione della corsa, ciò induce a pensare che in origine la Sartiglia fosse organizzata dall’istituzione municipale e solo successivamente venne affidata ai gremi, corporazioni di mestiere attive a Oristano dal Cinquecento, che ancora oggi si occupano di curare le fasi cerimoniali della manifestazione.
Sono numerosi i documenti sulla giostra risalenti all’XVII e XVIII secolo. Uno dei più significativi, in quanto riferisce per la prima volta la corsa all'anello nella variante della stella, è datato 1722. Si tratta di una cronaca dei festeggiamenti organizzati per celebrare le nozze di Carlo Emanuele di Savoia con la principessa Anna Cristina Luisa Palatina di Sulzbach, ai quali parteciparono numerosi figuranti e tutti i gremi della città di Oristano, che per qualche giorno divenne teatro di mascaradas e corse equestri. Questo tipo di rappresentazioni teatralizzate tipiche dell’Italia rinascimentale, infatti, godevano di una certa diffusione ed erano apprezzate anche nella Sardegna barocca. Il prezioso documento nomina tra i protagonisti di questo magnifico spettacolo i contadini, i quali si cimentarono nella corsa alla stella.
I documenti a oggi conosciuti, fanno supporre che nella seconda metà del settecento sia stata istituzionalizzata la Sartiglia di carnevale la cui organizzazione fu demandata ai gremi. A questo periodo si dovrebbe ascrivere la volontà di un canonico della cattedrale arborense di donare al Gremio dei Contadini di San Giovanni Battista un fondo rustico i cui proventi avrebbero garantito le spese della manifestazione. Ancora oggi la tradizione ricorda su Cungiau de sa Sartiglia, il fondo la cui rendita avrebbe garantito le spese della corsa in perpetuo, pena la perdita dei diritti su quel terreno da parte del Gremio dei Contadini. Diversamente, il Gremio dei Falegnami di San Giuseppe, storicamente sosteneva le spese dell'organizzazione della corsa attraverso i fondi raccolti dalla questua effettuata dai soci e dagli apprendisti del gremio e dalle offerte fatte alla corporazione da famiglie nobili e benestanti della città.

                              La Corsa alla Stella


Ultimata la vestizione su Componidori, preceduto da un corteo in abito tradizionale sardo, dai membri del gremio e da tamburini e trombettieri, unitamente ai suoi luogotenenti su Segundu Cumponi e su Tertzu Cumponi, si mette alla testa di altri 117 cavalieri mascherati, con cavalli riccamente bardati, e si dirige verso la via Duomo. Qui, dopo aver benedetto la folla che lo attende, consegna sa pippia de maju a s'Oberaju Majore per riceverne le spade con cui effettuerà la cerimonia dell'incrocio delle spade: al di sotto della stella che è stata appesa sul percorso, per tre volte incrocia la propria spada con quella de su Segundu con evidente valore propiziatorio. Sarà poi lui stesso a poter tentare per primo la sorte, lanciandosi al galoppo con la spada tesa nel tentativo di infilzare la stella. L'onore sarà concesso poi dapprima ai suoi aiutanti di campo e poi, cavallerescamente, alla pariglia dell'altro Componidori. Il capo corsa concede via via la spada ad altri cavalieri, in segno di fiducia o di sfida nei confronti della loro abilità. Quanti e quali cavalieri avranno l'onore e l'onere di calcare la pista è sua esclusiva decisione. Una volta soddisfatto del numero di stelle colte per il proprio gremio e per la città, ritorna sul percorso per restituire le spade a s'Oberaju Majore e ricevere su stoccu col quale tenterà ancora una volta di cogliere la Stella. Potrà concedere di sfidare la fortuna con quest'arma anche ai suoi luogotenenti, dopodiché, con in mano ancora una volta sa pippia de maju, lancerà il cavallo al galoppo e, completamente sdraiato su di esso, benedirà la folla con ampi gesti: è sa remada, con la quale dichiara conclusa la corsa alla stella e al termine della quale il corteo si riunisce per spostarsi nella via Mazzini, lungo la quale si corrono le pariglie.    

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